Alessandro Pajola è stato intervistato dalla Lega Basket con il format “LBA One on One”. Ecco le dichiarazioni del numero 6 della Segafredo Virtus Bologna.
La difesa su Rodriguez – “Avevamo appena perso palla, pensai che dovevo cercare di fermarla e quindi aggredire Rodriguez magari facendo anche fallo. Forse sono stato bravo a non accentuare il contratto, a stare lì pressando senza farmi battere, poi bravi i compagni che hanno ruotato nel modo migliore, mi sono fatto trovare pronto con il corpo e ho preso sfondamento”
La tripla del +7 in gara 2 – “Tiro molto importante, quasi facile non tanto prenderlo ma come tecnica di tiro perchè Markovic mi ha fatto un passaggio strepitoso, e mi è bastato mettere il piede destro per terra e darmi la spinta. Abbiamo costruito bene, poi Markovic aveva appena messo un’altra tripla, e quel cesto è stato fondamentale per prendere vantaggio”
La leadership in gara 4 – “Ero carico, avevo fatto canestro prima, e forse in quell’inizio gara serviva qualcosa in più, assieme alla spinta che ci stavano dando i tifosi. Eravamo sotto, e mi sono sentito la necessità di caricare il pubblico e trasmettere attorno a me la grinta che avevo”
I festeggiamenti con gli amici- “Finita la partita non ci ho capito più niente, mi sono ritrovato sommerso da persone che mi abbracciavano e mi gridavano. Mi sono sentito spaesato, poi sono corso a salutare gli amici di Ancona con cui giocavo da bambino e che mi hanno sempre sostenuto, consigliandomi su whatsapp. Alla fine sono riusciti a venirmi a vedere e non capitava da tanto tempo: finita la gara ho pensato che dovevo andare da loro e appena trovato il momento ci sono andato, alcuni di loro non li vedevo da tanto tempo”
L’abbraccio con Djordjevic – “A ripensarci mi vengono i brividi. Lui mi ha cresciuto, quando è arrivato io ero un ragazzino, non solo anagraficamente ma mentalmente. Lui mi ha aiutato sull’aspetto mentale e della leadership, e grazie a lui sono diventato un professionista: prima ero un ragazzo che faceva fatica a considerare il basket come un lavoro e non solo come un divertimento. Questo passaggio non è stato facile, e lui anche silenziosamente mi ha fatto capire tante cose, perchè andare ad allenamento un’ora prima e perchè lavorare su tanti dettagli. In quell’abbraccio ci sono questi anni, dove lui mi ha fatto passare da ragazzo a uomo. Me lo porterò per tutta la vita, certi legami si portano per sempre: il bello del basket è conoscere persone straordinarie con cui creare rapporti che andranno avanti per tutta la vita, e poter dire di aver lavorato con grandi persone e professionisti”